sabato 4 febbraio 2012

Giuseppe


Il diabete rende la vita complicata.


Chi se lo porta dietro ha un fratello siamese direi indesiderato.


Giuseppe ogni mattina non sa come si alza. Bene o male, senza che possa deciderlo lui. Ci sono numeri che gli dicono perché barcolla o perché si sente un leone, seppur siano troppe di più le volte nel primo caso.


Numeri che sbalzano da 50 a 600 con grande disinvoltura.


Ma se parlo del mio collega Giuseppe, nome vero come lo è il suo caso, non sta tanto nel piangere sulla sua malattia quanto per la meraviglia che dona a chi come me osserva la sua capacità di affrontare la situazione.


Sempre allegro, battuta pronta, il primo a muoversi per darti una mano, vitale, vitalissimo anche quando nonostante l’insulina si ritrova a essere un cencio o persino ricoverato d’urgenza.


Raccontarsi senza lamentarsi è un dono di Dio e, anche se non credo lui sia particolarmente credente, lui lo fa con grande naturalezza.


Oggi mi ha regalato il suo tempo per aiutarmi a risolvere un piccolo problema casalingo, s’è quasi fatto in due per me. Si comprende bene che lo farebbe per chiunque. Mentre eravamo insieme lo guardavo e pensavo come sarebbe il mondo se non dico tutti, ma almeno molti più di quanti lo sono adesso, fossero come lui.


Non gli ho chiesto a quanto aveva il diabete e lui non me lo ha detto. Ci siamo sorrisi come sempre e gli ho detto grazie.





Era solo per lasciargli scritto che lo stimo.

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