Il diabete rende la vita complicata.
Chi se lo porta dietro ha un fratello siamese direi
indesiderato.
Giuseppe ogni mattina non sa come si alza. Bene o male,
senza che possa deciderlo lui. Ci sono numeri che gli dicono perché barcolla o perché
si sente un leone, seppur siano troppe di più le volte nel primo caso.
Numeri che sbalzano da 50 a 600 con grande disinvoltura.
Ma se parlo del mio collega Giuseppe, nome vero come lo è il
suo caso, non sta tanto nel piangere sulla sua malattia quanto per la
meraviglia che dona a chi come me osserva la sua capacità di affrontare la
situazione.
Sempre allegro, battuta pronta, il primo a muoversi per
darti una mano, vitale, vitalissimo anche quando nonostante l’insulina si
ritrova a essere un cencio o persino ricoverato d’urgenza.
Raccontarsi senza lamentarsi è un dono di Dio e, anche se
non credo lui sia particolarmente credente, lui lo fa con grande naturalezza.
Oggi mi ha regalato il suo tempo per aiutarmi a risolvere un
piccolo problema casalingo, s’è quasi fatto in due per me. Si comprende bene
che lo farebbe per chiunque. Mentre eravamo insieme lo guardavo e pensavo come
sarebbe il mondo se non dico tutti, ma almeno molti più di quanti lo sono
adesso, fossero come lui.
Non gli ho chiesto a quanto aveva il diabete e lui non me lo
ha detto. Ci siamo sorrisi come sempre e gli ho detto grazie.
Era solo per lasciargli scritto che lo stimo.
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